Ma allora è un vizio…

Torno a scrivere dopo più di un anno (avevate dato il blog per morto? Tranquilli, ormai mi ero quasi rassegnata pure io…) giusto perchè me ne è appena capitata un’altra con quei cari signori di Eni-Italgas.

Dopo soli 5 anni dalla sostituzione del 2014 (e poco più di 3 dalla fine della mia odissea con Eni, a novembre 2015), un mese fa ci arriva comunicazione che oggi, 30 maggio 2019, dalle 8 alle 13 ci avrebbero sostituito il contatore del gas per mettere al suo posto quello elettronico.

Chi si è sciroppato i miei (ben) 14 post tra il 2011 e il 2015, sa bene che grazie alla combo tra gli incapaci di Italgas (che hanno scambiato – a computer – la matricola del mio contatore mio con quella dei vicini. Tutto questo con contratti in essere da anni e senza sostituzioni di contatori… insomma, un frescone s’è svegliato la mattina e senza nemmeno controllare fisicamente da dove partissero e dove finissero i tubi del gas, ha deciso di correggere un errore… inesistente) e i delinquenti di Eni (che hanno provveduto quindi a invertire anche i consumi, tentando di estorcerci circa 5000 € di consumi non nostri per quasi 5 anni) può immaginare senza problemi che la notizia mi ha fatto avere il mal di stomaco per un mese ogni volta che pensavo all’appuntamento. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio, giusto?

E infatti.

Stamattina alle 8 scendo in cortile e fotografo il mio (quasi ex) contatore, consumi, punto di riconsegna, matricola e tutto, poi risalgo in casa. E aspetto.

I contatori sono su un lato della casa dove io non ho finestre. So che sarà da nevrotici, ma ogni tanto esco in balcone per vedere se in strada c’è un furgoncino Italgas o qualcosa di simile. Nel corso di una di queste uscite, sento dietro l’angolo della casa rumore di sburdigamento. Ohibò… ma nessuno ha suonato il campanello?!? Scendo.

C’era di sotto il tecnico dei contatori. Che, senza degnarsi di suonare il mio campanello,  aveva però già sostituito il nostro contatore. Alle mie rimostranze ha affermato di aver suonato… il campanello dei vicini di sopra. Questo perchè, nonostante sul mio contatore (rimosso e lì a terra accanto a lui. Sì, proprio quello che avevo fotografato nemmeno due ore prima!) ci fosse scritto grosso così a pennarello il cognome del Consorte, mentre sullo sportello di quello dei vicini, aperto lì accanto, ci fosse scritto il loro cognome (B.)… lui affermava di aver sostituito il contatore di B., e quindi di non aver avuto motivo di chiamare me.

Solo quando gli ho fatto notare le scritte è andato a controllare sui moduli le corrispondenze di cognomi e matricole e (forse) si è convinto di aver cannato a suonare il campanello (scuse non ha ritenuto di farne, figuriamoci).

Il tizio ha poi assicurato che non ci sarebbero stati errori perchè sui moduli i dati erano corretti, però… posso dire che – visto anche il pregresso – non mi sento di credergli completamente? E che visto che il nostro ex contatore segnava 3600 e qualcosa, mentre quello dei vicini era a 5400 e rotti, indovinate a chi – nel caso – sarebbe di nuovo toccato diventare scema per non pagare 1800 metri cubi di gas non consumato?

Ciliegina sulla torta: nonostante avessero avuto ricevuto lettera con lo stesso identico appuntamento, ai miei vicini del piano di sotto il contatore è stato sostituito ieri pomeriggio. Se ne sono accorti rientrando a casa (erano ovviamente in giro per i fatti loro, l’appuntamento era per oggi) trovando in buchetta il foglietto con le istruzioni del nuovo contatore… e nell’armadietto il nuovo contatore collegato.

Sinceramente: a cosa dannazione serve mandare lettere, fissare appuntamenti, far perdere tempo alle persone… se poi tanto il lavoro viene fatto alla chetichella quando pare a loro?

Sarebbe nulla (effettivamente l’utente non è che debba far granchè, nella pratica), se si fosse sicuri di essere in mani capaci… ma in tutta sincerità su questo nutro seri dubbi.

Sarebbe di nuovo nulla se avessimo a che fare con servizi clienti degni di questo nome… ma visto che, anche quando l’errore lo commette (e lo riconosce pure con comunicazioni scritte!) il fornitore, chi ci rimette è sempre il cliente (in termini di disservizi, tempo buttato e soldi. Noi all’epoca siamo stati fortunati perchè Eni ci combinò il casino dopo che avevamo cambiato gestore: abbiamo potuto bloccargli il pagamento senza problemi. Se fossimo stati ancora loro clienti, ci avrebbero chiuso la fornitura finchè non avessimo pagato il non dovuto, promettendo di rimborsarci poi. E intanto si sarebbero tenuti 5000 € per degli anni)… ecco, proprio nulla non è.

Patteggiatrice in erba

Da qualche mese l’Aquilina sta iniziando a sperimentare i ricatti.

Bisogna premettere che non funzionano granchè, anzi. Se provi a ricattarmi, tranquilla che hai appena perso anche la chance che avevi di convincermi a venirti incontro.

Un po’ come quando mi chiede (tipo) di fare qualcosa, io rispondo accordandogliene solo una parte e lei ribatte masticando tra i denti “Tanto io la faccio lo stesso”: ottimo, fai ciao con la manina alla possibilità di fare anche quella parte che ti avevo concesso.

Solo che, tornando ai ricatti, non ha ancora ben chiaro come funzionino (e noi non abbiamo alcuna intenzione di spiegarglielo…), così ultimamente in casa capitano scene surreali tipo queste.

“Mamma, posso accendere la TV?”
“No, è ancora presto. Magari tra una mezz’oretta”
“Allora NON gioco neanche, eh? E NON disegno neanche, eh?”

Tesoro mio, fa tu… consumati d’inedia per mezz’ora, che ti devo dire… 😀

 

 

Wind of change

Come accennavo, quest’anno ha portato grossi stravolgimenti al Consorte.

A fine dicembre, il pomeriggio prima di iniziare le sue ferie di Natale, gli hanno comunicato che a maggio la ditta dove lavorava (da 28 anni e rotti) avrebbe chiuso. Quando è rientrato a lavoro dopo le ferie la notizia gli è stata confermata, e abbiamo così dato il via alla ricerca di un nuovo lavoro (poi, nei due mesi e mezzo del suo periodo di preavviso di licenziamento, la chiusura è prima slittata a “fine anno” e quindi è diventata un “chiude, ma riapre in modo diverso”. Sto semplificando tantissimo, ma a raccontarla tutta ci vorrebbero… eh, forse due mesi e mezzo).

Ad ogni modo, abbiamo passato delle ferie di Natale di merda. Ok, non abbiamo l’acqua alla gola. Ok, mal che vada se non si trova nulla per un po’ c’è sempre la disoccupazione… però quando ti vengono a dire che nel giro di cinque mesi puoi far ciao con la manina all’unico stipendio che entra in casa non è che tu faccia i salti di gioia. Non solo perchè lavori lì da quando avevi 16 anni, ma anche pensando a quel che si sente in giro del mercato del lavoro… e con quasi 45 anni sul groppone. L’unico ottimista in famiglia era mio suocero: “Con l’esperienza che hai, secondo me trovi subito”. Mah… non è che ultimamente l'”esperienza” sembri essere questo gran valore aggiunto per le aziende… a volte addirittura è un deterrente (meglio uno che non sa fare un tubo, ma da poter pagare meno, tenere lì un po’… e poi avanti il prossimo, prima che  col prossimo rinnovo ci tocchi assumere questo definitivamente).

Un paio di settimane di merda, dicevo, prima di renderci conto che – sorpresa! – aveva ragione mio suocero. Ebbene sì, il tipo di lavoro che fa il Consorte qui in zona è richiestissimo: ha giusto fatto in tempo a portare il curriculum a due agenzie interinali, prima di poter tirare i remi in barca (e metà delle possibilità che avevamo pensato non c’è stato nemmeno il tempo di tentarle).

Il giorno dopo essere passato a lasciare il curriculum all’agenzia R. è stato richiamato: gli avevano già fissato due colloqui, entrambi nella nostra città. Al secondo di questi due, il responsabile l’ha congedato con “Mi raccomando, fammi sapere prima possibile se accetti” (altro che “Le faremo sapere”, saluto jolly nella maggioranza dei colloqui. C’è gente che deve ancora “farmi sapere” dal novembre 1998…). Dopo aver deciso quale posto accettare, nei due mesi e mezzo di preavviso si è trovato a dover rifiutare un’offerta di lavoro da parte della ditta accanto (“La ringrazio, ma sono già in parola per un altro posto” “Sicuro? Ma hai anche già firmato o puoi ancora cambiare idea?”)  e altri due colloqui (l’altra agenzia).

Insomma, a metà aprile ha iniziato il nuovo lavoro: dopo quasi 14 anni da pendolare a 25 Km da casa ora lavora “lontano” 1,3 Km (sì, praticamente a un tiro di schioppo: può andarci in bici. E lasciare il Qubo anche a mia disposizione…), può uscire di casa mezz’ora dopo la mattina e tornare un’ora prima la sera (addirittura ora riuscirebbe a portare l’Aquilina ad un eventuale prescuola e riprenderla al post… il che è un’altra semplificazione quando e se riuscirò a trovare un lavoro io). Dopo 13 anni e mezzo di matrimonio, possiamo pranzare assieme nei feriali. Lo stipendio iniziale è un po’ più basso (quello base per la sua qualifica, i bonus “ad personam” concordati in 28 anni con il vecchio capo sono ovviamente rimasti dov’erano), ma per ora siamo contenti tutti: lui che dopo lo smarrimento iniziale (“Come è andata stamattina?” “L’unico problema che ho è che non so dove siano gli attrezzi e devo sempre disturbare qualcuno per chiedere” “Graziarcazzo, sei lì da cinque ore…”) si sta trovando parecchio bene, la ditta che sembra molto soddisfatta (sia per affermazione diretta “Ci vorrebbero due Consorti…” che da quanto riferito dall’agenzia interinale).

Che dire… spero davvero, a metà luglio (quando scade il contratto con l’interinale e dovrebbe venir assunto direttamente, a tempo indeterminato), di poter dire di questa storia “tutto è bene, quel che finisce bene”. Le premesse per ora ci sono.

 

Pagine e passi

Raro esemplare di gatto di biblioteca. Perché il gatto sa qual è il posto più comodo di casa.

E io che ho fatto, negli ultimi mesi? Di epocale poco.

Alla fine mi è toccata proprio la sorte che paventavo nel post di fine settembre: sono rappresentante di classe. Ma devo dire che non posso lamentarmi: ho beccato genitori molto collaborativi (nella chat di WhatsApp siamo in 18 su 21 famiglie), addirittura – almeno finora – riesco ad organizzare i colloqui con le maestre in neanche 24 ore (ebbene sì: invece di assegnarci giorno/ora le maestre, sono io a chiedere su WA che ognuno si scelga l’orario che ritiene migliore. Tutti contenti: nessuno deve fare i salti mortali per rispettare appuntamenti scomodi, le maestre non devono perdere tempo per assegnare i posti). La cosa incredibile è che neanche gli altri si lamentano di me. La cosa più incredibile è che qualcuno è arrivato a farmi i complimenti. Comunque grazie ai ritmi della scuola elementare (bene o male si è tutti davanti scuola allo stesso orario… alla materna era più difficile incrociarsi) ho potuto conoscere (meglio o da zero) diverse persone in gamba tra i genitori dei compagni dell’Aquilina.

Per il resto sto leggendo tantissimo, grazie soprattutto alla biblioteca comunale (santa subito!), e ad un’amica che qualche mese fa mi ha inserita in un “deleterio” gruppo di lettori su Facebook, un’autentica miniera di suggerimenti (ora nell’app della biblioteca ho una lista “desideri”  che è lunga un chilometro. E che invece d’accorciarsi s’allunga, perché spesso invece di spulciarla per depennare qualche titolo, mi lascio vincere dalla curiosità per libri visti per caso, magari negli scaffali dei nuovi arrivi…), e per surplus qualche mese fa mi ha regalato una sporta di libri che non le interessavano più. Insomma, ho sempre letto parecchio per gli standard medi, ma era un po’ che la lettura non mi prendeva così… forse da quando alle elementari macinavo tre libri della biblioteca a settimana.

Poi spulcio annunci di lavoro che non cercano assolutamente me, ma del resto al momento neanch’io sto cercando granchè loro… almeno finchè il Consorte non avrà nuovamente ore di ferie maturate da poter usare per le emergenze con l’Aquilina (e ad ogni modo credo che dovrò rivedere un po’ di cose, anche se non so ancora bene come e cosa). Questa però è un’altra storia.

Ah, e continuo a partecipare alle sfide su Samsung Health. Ormai è più di un anno che ho preso l’impegno di camminare ogni mattina che posso e da giugno scorso (quando in app sono iniziate le “sfide mondiali” mensili) non ho perso nemmeno un badge.

Esattamente come non ho perso nemmeno un etto, ma in generale sto meglio (la combo passeggiate+materasso nuovo mi ha fatto sparire il mal di schiena cronico) quindi continuo: ho sempre la silhouette di uno scaldabagno, ma di sicuro muoversi un po’ male non fa.

Intendiamoci, faccio quel che posso. A volte quando faccio i 4 (o 3, o 5…) miei giri attorno al parco, incontro il papà di una compagna dell’Aquilina. Che mi doppia quel paio di volte, visto che mentre io cammino lui corre. E niente: chiacchierando fuori dalla scuola, ho saputo che anche lui riesce a far 4 giri. Di corsa, appunto, e dopo aver fatto il turno di notte come OSS.

Possiamo pertanto concludere che sono un catorcio. Semovente, ma un catorcio: se provo a correre io (sì, ci ho provato, forte del fatto “Dai, dopo un anno che cammino per almeno 7-8 km al giorno, avrò ben messo insieme un po’ di fiato!”) dopo 200 metri mi ritrovo un polmone in mano, mentre il resto degli organi interni organizza il funerale della milza.

Concludendo, come dicevo per quanto mi riguarda non è successo niente di che: chi ha affrontato il cambiamento più drastico degli ultimi mesi è stato il Consorte. Però ve lo racconto alla prossima puntata.

Chi non muore…

… prima o poi torna rompere le balle. Ebbene sì, ci sono ancora. Che dire… passavo di qua e…

No, non passavo affatto di qua. Per dirla tutta, passavo da Twitter. Stamattina m’è venuta voglia di capire come mai con Twitter proprio non mi ci trovo. Accedo al profilo, cambio avatar (beh, questo lo so fare)… e mi accorgo che l’ultimo tweet a mio carico risale al 18 settembre 2017: esatto, l’ultimo post pubblicato qui. E insomma… se di Twitter me ne frega una cippa (no, non ho capito nemmeno oggi perché non mi ci trovo. Sarà per la prossima volta… tra altri 7-8 mesi, suppongo), beh, di questo postaccio non posso (ancora) dir lo stesso.

Se non ho scritto per 7 mesi non è stato perché non sia successo niente degno di nota. Tutt’altro… di carne al fuoco ne abbiamo avuta parecchia, avrei potuto scassarvi l’anima con saghe di post (non a livello della battaglia con Eni, ma insomma… ce ne sarebbe stata). Più prosaicamente… non avevo voglia di scrivere. E se non ho voglia di scrivere io… figuriamoci chi legge qualcosa scritto controvoglia quanta può averne. Meglio tacere, giusto?

Ad ogni modo, stamattina ho capito che non sono comunque ancora pronta a mollare questo blog al suo destino.

Che è successo da queste parti da ottobre in qua?

Beh, l’Aquilina ha imparato a scrivere, a leggere, a fare addizioni e sottrazioni e un po’ tutto il corredo culturale-cognitivo della prima elementare (primaria, sì, è vero. Ma “prima primaria”, permettetemi, fa proprio pietà… anni con la prof di italiano che ti dice di evitare ripetizioni, poi arriva un ministro dell’istruzione e te ne impone una proprio per il primo anno di scuola. Ma vadavialcù…). Ha fatto nuove amicizie, rinsaldato le vecchie e si trova bene con le maestre. La cosa buona è che anche le maestre si trovano bene con lei (non solo a livello di rendimento, anche a livello di comportamento ed educazione… il che vuol dire che io e il Consorte forse non stiamo facendo poi un brutto lavoro).

L’Aquilina ha anche partecipato al suo primo saggio (a dicembre) e alla sua prima garetta (domenica scorsa) di ginnastica ritmica, si è divertita, ha messo insieme due medaglie (di partecipazione, le danno a tutte) e siamo contenti tutti. Io ho dovuto imparare a farle lo chignon (mai fatto – né subìto – uno in vita mia): l’allenatrice si era raccomandata tantissimo per i capelli: chignon, eventuali frange tirate indietro, tutto fissatissimo, 3000 mollette, ecc.

A Natale l’avevo scampata perché l’Aquilina aveva ancora i capelli troppo corti dall’ultimo taglio di giugno 2017 (quindi codina di cavallo, bassa se no ne perdiamo la metà, e ciaone).

Ad aprile i cm in più di crescita m’han tolto l’alibi. E allora via: un’ora su Youtube a capire cosa diamine fare, che l’Aquilina ha pure la frangia e i capelli ancora son mica tanto lunghi. Provo con quello che ho in casa, scopro che se uso un “copricoda” bene o male l’impalcatura reggerebbe senza troppi ciuffi che sparano (si veda foto. Dai, non faceva poi così schifo, manco avevo usato lacca…)… ma no, niente copricoda ammesso.  Torno a studiare, vengo a conoscenza di attrezzi mai visti o quasi (forcine di due tipi, una ciambella non commestibile…), li compro. Li provo.

La mattina della garetta siamo al ritrovo davanti al palazzetto, per poi partire alla volta della bassa modenese. Arriva una bimba compagna di corso dell’Aquilina. Perfettissima. Tanto che alla madre chiedono “Wow! Ma l’hai portata dalla parrucchiera?”. E lei “No, fatto io in 5 minuti”.

Bene: autostima distrutta in 3, 2, 1…: io c’ho messo un’ora d’orologio e lo chignon dell’Aquilina non so se stesse su più per l’effetto del quintale di lacca, delle forcine bigusto a farcire la ciambella o della quantità di madonne e santi assortiti che ho invocato in quell’ora… però è rimasto su tutto il giorno, eh. Poi a sera l’abbiamo smantellato con martello, scalpello e metal detector per rintracciare tutte le forcine in mezzo alla selva (e lo stesso ce n’è sfuggita una, che il giorno dopo è stata fagocitata in qualche modo dal Roomba).

Ma ora, avendo già abusato fin troppo della pazienza di eventuali lettori, che è successo a noi “vecchi” ve lo racconto la prossima volta (magari prima di altri 8 mesi).

 

Partenza in 1^ classe

E no, stavolta non è semplicemente un “titolo ad effetto”, come è stato invece tre anni fa. Adesso vi spiego come mai. 🙂

L’Aquilina ha iniziato la primaria assolutamente in grandissimo stile… intanto, ad accogliere i nuovi scolari nell’atrio della scuola non c’erano soltanto coordinatrice e maestre. Troppo mainstream, quello son capaci tutti. I bimbi si sono trovati davanti addirittura il Sindaco (accompagnato dall’assessore all’istruzione), che ha augurato a tutti loro un buon inizio di anno scolastico con un breve discorso.

Poi è arrivato il momento di radunare le classi per portarle in aula. Appello e via andare? Ma per favore… annunciato da un lungo fischio è comparso un autentico capostazione in divisa Trenitalia (con paletta e tutto), che ha chiamato i bimbi ad uno ad uno consegnando a ciascuno un lussuoso biglietto di 1^ classe nominativo. Una volta composti tre trenini a coppie di due passeggeri, ogni convoglio si è poi mosso verso la sua destinazione, giungendo in aula in perfetto orario.

A quel punto deposito del bagaglio a mano (lo zaino dell’Aquilina giovedì sera pesava 7 Kg. La proprietaria è tuttora assestata sui 19 e qualcosa, ciabatte comprese. Fortuna che d’ora in poi lo zaino viaggerà molto meno pieno: il grosso del materiale resterà a scuola da lunedì a venerdì. Sebbene, pensando a tutta la roba dell’Aquilina moltiplicata per tutti i 22 scolari, l’unica soluzione che io abbia trovato a come stivare il tutto è un TARDIS parcheggiato a fondo aula), foto di rito, saluti con sventolamento dei biglietti, qualche lacrimuccia (no, io ho tenuto botta…) e poi arrivederci alla mezza.

Circa 3 ore dopo, il responso “a caldo” della mia neo-scolara è stato “Mi sono troppo divertita!” (speriamo che duri così… 😅). Per il resto pare abbiano visto la palestra, conosciuto la cuoca, creato e sistemato i passeggeri nel treno (se ho capito giusto, ognuno dovrebbe aver disegnato sé stesso), giocato in cortile e sembra anche che in bagno ci siano sia il water che la turca (immenso passo avanti rispetto a 33 anni fa: tutte turche. Che odio…). Ah, e ha pure mangiato la merenda (se conoscete i trascorsi dell’Aquilina col cibo, sapete anche che questo è praticamente un evento di per sé).

All’uscita da scuola, oltre a far conoscenza con la mamma di un suo nuovo compagno (una signora che mi è parsa in gambissima fin dalla prima di riunione di una settimana fa… se facesse lei la rappresentante di classe, mi sentirei in una botte di ferro!), ho scambiato anche due chiacchiere con la mamma di A., la compagna dell’Aquilina che è ancora in classe con lei grazie al trasferimento di sezione chiesto dai genitori.

Solo per darvi un’idea più completa dell’assurdità che sto per raccontarvi, specifico che la famiglia di A. è albanese d’origine. Sono “veterani” perché già il figlio maggiore ha frequentato le stesse elementari della sorella (oraè in 2^ media).  Chiacchierando siamo arrivate anche alle “voci” che girano sulla scuola (e che sono in gran parte la causa dell’esodo di cui parlavo nell’ultimo post): stringi stringi, anche se in faccia non te lo dice praticamente nessuno, il fatto che “ci son troppi stranieri”.

Al che le dico: “Guarda, da quando sono uscite le sezioni a me e al Consorte stan capitando delle conversazioni assurde. Mi chiedono come è andata, mi chiedono quanti stranieri ci sono in classe, rispondo… e mi sento chiedere  cosa vogliamo fare adesso, se pensiamo di trasferire l’Aquilina… Ma se volevo mandarla altrove, la iscrivevo altrove a gennaio, giusto?”

E lei: “Non parlarmene. Da quando si è saputo come sono messe le classi, anche a me la stessa cosa, tipo le mie colleghe…”

E quindi a questo punto la questione è: non puoi più pensare (di quelli che ti fanno la solfa scandalizzati/allarmati) “Poveretti, arrivano fin lì…”

No no. Magari, arrivassero “fin lì”… 😂

-4

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati con questo post: sabato 2 settembre sono effettivamente uscite le liste con la composizione delle classi prime della scuola primaria che frequenterà l’Aquilina. Ovviamente eravamo là per vedere come era andata.

Ed è andata benone: l’Aquilina è stata accettata con l’orario che avevamo chiesto (tempo pieno), è casualmente nella stessa sezione (la B) che ho frequentato io in quella stessa scuola ormai 33 anni fa, e soprattutto in classe con lei c’è la sua amica M.P., con i cui genitori ci eravamo messi d’accordo per scambiarci la “preferenza” al momento dell’iscrizione! Esultiamo insieme al papà di M.P., che era lì anche lui, appuntamento al 7 settembre per la riunione con dirigente e maestre, saluti.

Ero già a casa da un po’, quando mi è venuta una curiosità: ma come è composta questa classe (non avevo guardato manco quanti fossero maschi rispetto alle femmine, per dire…)? Così apro la foto che avevo fatto all’elenco, scopro che in classe con l’Aquilina oltre a M.P. ci sono anche altri 4 suoi compagni della materna (che nel giro di qualche giorno diventeranno 5, perché i genitori di un’altra compagna che era finita nella C hanno chiesto e ottenuto il trasferimento “da noi”) e scopro anche che…

«1^B del 1984: ci sentivamo speciali perché in classe con noi c’era l’unico bimbo di colore del nostro anno (oserei dire di tutta la scuola, ma non ne sono certa).
1^B del 2017: l’Aquilina è l’unica della sua sezione con cognome italiano (che è ben differente dallo scrivere l'”unica italiana”, puntualizzo)»

Insomma, in 33 anni forse non è cambiato il mondo… ma di sicuro la semplice cittadina romagnola dove vivo ha dato un discreto voltone.

Ammetto che lì per lì un po’ ci sono rimasta. Intendiamoci, non che non mi aspettassi una situazione del genere. Alla materna su 27 bambini in classe 8 avevano cognome italiano; di questi 8, a gennaio 6 si sono iscritti fuori stradario:non ci vuole una laurea in statistica per fare qualche previsione. Ma appunto “del genere”. “Proprio così” me lo sarei aspettato solo se fossimo emigrati noi, all’estero… criticatemi pure (per inciso: su 63 bambini iscritti alla classe prima nella scuola dell’Aquilina, quest’anno gli italiani sono 3, e gli altri due sono nella classe che fa il modulo).

Remore? Oh, da brava pessimista sì. Per me, però: il timore di venir designata quale capro espiatorio per fare la rappresentante di classe, in quanto unica mamma italiana (ma se siamo tutti uguali… cominciamo da qui, giusto?), e poi quello di sentirmi un po’ “esclusa” perché non conosco le lingue madri degli altri genitori (fino a un po’ di inglese, francese e un tantin di spagnolo ci arrivo. Più in là di così, si fa dura…), metti che per comodità si mettano a chiacchierare in quelle, fuori dalla scuola. Timori idioti? Molto probabilmente (per la storia della rappresentante continuo a fare scongiuri, comunque. Chiunque, vi prego, ma NON io!!!)…

Nel frattempo, c’è stata la riunione con le maestre (a proposito, il nostro listone del materiale è risultato essere ragionevole): un’ora è poca per conoscere una persona, ma la mia prima impressione è stata ottima (un bel modo di fare e di proporsi). Tra l’altro, dell’insegnante di italiano mi avevano parlato benissimo in diverse persone (quando ancora non sapevo chi ci avevano assegnato) augurandomi che l’Aquilina capitasse con lei: grazie per gli auguri, hanno funzionato (ora speriamo di tenercela fino alla quinta)! 🙂

L’Aquilina è contentissima dei compagni con cui è capitata, ed io con lei (conosco abbastanza anche i genitori dell’amica che ha fatto il cambio di sezione, oltre quelli di M.P., quindi già così mi sento meno “sola”). Del resto, già alla materna si era formata una classe splendida, mai un problema tra i bimbi e nemmeno per le maestre a svolgere la programmazione. Perché non dovrebbe succedere anche per i prossimi 5 anni? Insomma, tutto a posto.

Tutto a posto? Quasi.

Da quando abbiamo saputo la composizione della classe, quando capita di fare due chiacchiere con qualcuno (conoscenti incontrati per strada, telefono, mamme di ex compagni di classe… addirittura dal dentista), sia a me che al Consorte si ripresenta un po ‘troppo spesso la seguente scenetta.

Convenevoli, come va, come va l’Aquilina. Quando accenni che sta per iniziare la prima elementare, ovviamente si passa alle domande sulla scuola: chi sono le maestre, con chi è in classe. Racconti che è andata bene,  tempo pieno come avevi chiesto e l’Aquilina è anche in classe con la sua migliore amica. Qualcuno però passa alla domanda successiva: Quanti stranieri ha, in classe?, e tu rispondi (oppure il dato lo fornisci tu direttamente chiacchierando, se si parla della composizione delle rispettive classi… quello è, dovrei forse nasconderlo?). E a quel punto, 9 su 10, ti senti chiedere, con tono (o emoticon, se sei in chat) più o meno velatamente allarmato:

“E adesso cosa pensi di fare?”

“A parte accompagnarla a scuola e buttare un occhio ai compiti?”

“Beh, potresti chiedere il trasferimento”

“Se avessi voluto mandarla in un’altra scuola e farmi 4 volte al giorno minimo 2,5 Km in bicicletta con Aquilina e zainone, invece di 1 km solo, l’avrei iscritta là a gennaio”

“… e per i compiti (sottinteso: in caso di assenza), come fate?”

“Ci romperemo le palle a chiedere in giro (ho già un paio di vittime sacrificali designate, ma perché dar per scontato che la cerchia non si allarghi?), come fan tutti…”

Ecco cosa mi dà fastidio del fatto che l’Aquilina sia l’unica con cognome italiano della sua classe: che il mandare tua figlia alla scuola che semplicemente è “tua” di zona venga considerato un fatto eccezionale e incredibile (e, sottinteso, tu genitore sia un incosciente a non farla spostare, perchè è inutile girarci attorno: questo sei, per alcuni) soltanto perché la classe non è composta di Rossi, Brambilla, Casadei, Pautasso, Visentin, Piras o Caruso,  ma di bambini che il cognome ce l’hanno più esotico. Risultato tra l’altro “merito”, in diversi casi, anche di chi ora se ne stupisce e si scandalizza (è da quando gli italiani erano circa la metà degli iscritti – se non prima – che per qualcuno erano già troppo pochi, e quindi la prole veniva iscritta fuori stradario o alle scuole private. Già tre anni fa, per l’iscrizione dell’Aquilina alla materna, succedeva: chi ha cambiato allora, di certo non torna indietro dopo).

Per dirla tutta, l’esodo autoctono è stato favorito anche da altri due fattori: la dirigente dell’Istituto Comprensivo che pare sia un po’ un tipino (motivo per cui il figlio minore viene iscritto altrove… una volta ok, due anche no), e la mancanza di classi con l’orario di modulo più classico “mattina da lunedì a sabato + due pomeriggi” (questo però è un po’ il classico serpente che si mangia la coda: non ci sono classi con questo orario perché ci vorrebbero minimo 15 alunni per farle partire. Nel dubbio di venire spostati ad altro orario, si va direttamente altrove).

In ogni caso, il risultato è questo che vi ho detto (se qualcuno avesse dubbi, gli elenchi sono pubblici e online sul sito della scuola: posso fornire il link).

Quello che mi piacerebbe sarebbe giusto non passare per “incoscienti bestie rare” solo perchè a noi va bene anche così.

Ora vi lascio: festeggio il nostro 13° anniversario di matrimonio continuando ad etichettare mezzo universo con nome-cognome dell’Aquilina (con un grazie di ❤ al Consorte per averle passato in eredità un cognome doppio… =__=)…

12.02.2011-23.08.2017

 

21222481_10213392064816650_1437750701_oAgosto si è chiuso col botto… beh, non letteralmente, ma di cose che hanno deciso di “cioccare” ne ho avute fin troppe.

In un solo giorno ho portato la bici dal meccanico la mattina (ruota anteriore forata) e salutato il cestino (si era storzato, e tentando di raddrizzarlo al Consorte gliene è restato direttamente in mano un pezzo), il che non è il modo migliore di iniziare una settimana.

Qualche giorno prima era andata anche peggio: dopo 6 anni e mezzo di onorato servizio, il mio portatile ASUS ha deciso di rendere l’anima a Bill Gates (o chi per lui). Già a fine giugno aveva dato qualche segno di cedimento, ma una volta aperto, ripulito e rimontato sembrava essersi ripreso. E infatti un altro paio di mesi li ha tirati.

A voler essere pignoli, il computer funzionicchiava ancora (oddio, dopo i primi due-tre riavvii ha deciso di avviarsi solo in modalità provvisoria… ma diciamo che andava)… è il monitor che è morto (ma almeno collegandolo al monitor del fisso ho potuto salvare i miei dati su HD esterno [alleluia alleluia!]). Ho detto poco, eh? Pensare di provare ripararlo ci è sembrato da subito antieconomico: sostituire lo schermo ad un portatile vecchio di 6 anni e mezzo? Auguri… E con quali garanzie che nel giro di un niente non sarebbe defunto qualcos’altro?

Vabbè, facciam finta che sia un regalo di compleanno con un mesetto di anticipo (l’Asus ha tirato le cuoia esattamente un mese prima della mia fatidica data). Nella sfiga almeno un pochino di fortuna: si avvicina l’inizio della scuola… vuoi che non ci sia qualche offerta buona sui portatili (poi, che a usarlo sia la mamma e non la studentessa è giusto un dettaglio…)? E infatti ci è andata bene: dopo esserci fatti un’idea tra web e negozi, nel giro di 4 giorni abbiamo adottato un Acer Aspire.

Il pomeriggio di inaugurazione l’ho passato a smadonnare contro Windows 10: 4 Gb di aggiornamento prima di poter iniziare a far qualcosa sul serio sono roba che mette abbastanza a dura prova la pazienza. Già ero scettica in partenza: Windows 7 è tra i sistemi operativi che ho apprezzato maggiormente (insieme al ’98 – wooooow… che spettacolo i temi del desktop! – e XP, che univa la carineria del ’98 al procedere tipo panzer tedesco di Windows 2000), reputavo difficile che questo nuovo sistema operativo potesse scalzarlo dal podio.

E invece… scalzato Windows 7 dal podio magari no (quello mi sa che è capitato al ’98…), ma conquistata in 4 giorni di utilizzo questo sì. E’ vero, Windows 10 è un po’ troppo pignolo… il fatto di dovergli confermare, ogni volta che si avvia un programma per la prima volta nella giornata, che sì, hai proprio intenzione di usarlo e lasciargli modificare qualcosina sull’hard disk è un po’ una rottura (come anche il dover autorizzare ogni file .exe ad eseguirsi con i privilegi di amministratore, se no tanto vale non cliccarci manco sopra).

E il nuovo menù avvio (che si apre e ti porta via i 3/4 di schermo) di primo acchito più che aiutare confonde… ma basta prenderci la mano e iniziare a personalizzarlo per trovarcisi molto più a proprio agio (a proposito di personalizzare, ho spistolato più io nelle opzioni in 4 giorni che il Consorte che lo sta usando da un anno e passa sul suo fisso… Non erano passate 8 ore dal primo avvio che già avevo cambiato tema al desktop, schermata di blocco e ridotto Cortana da barra lunga 5 cm a iconcina persa in mezzo alle altre della barra 😀 ).

Altri punti a favore: il calendario funziona da dio per pianificare impegni e promemoria (ciao ciao programmino apposta!), le cartelle sono molto meglio organizzate e con tutti i comandi a portata di mano, le app mi avevano fatto storcere il naso e invece possono essere parecchio utili per evitare di installare altro o qualcosa “in più” (sono pure curiose… ad esempio quella del meteo, che ti fa sapere che “oggi” negli ultimi 30 anni ha piovuto 21 volte su 30. Perfettamente inutile ai fini pratici, ma interessante).

Anche Edge si sta comportando bene: la prima cosa che ho fatto è stata installare un altro browser, perché Explorer è sempre stato pietoso. Il suo successore invece non è poi così male… al punto che alla fine ho deciso di riconsegnargli la corona di “browser predefinito”.

Non dico che “10” sia anche il voto che assegnerei a questo sistema operativo, è troppo poco che ci ho a che fare… però siamo sulla buona strada.

Insomma, indubbiamente avrei preferito continuare ad usare il caro vecchio Asus ancora per un po’ e soprattutto rimandare la spesa… però ammetto che la novità mi sta piacendo proprio un sacco (riuscire a fare il backup settimanale in un lampo grazie al fatto che ora la USB 3.0 non ce l’ha più solo l’HD esterno, poi, è un godimento…)! 🙂

 

14 (Quattordici)

WhatsApp Image 2017-08-31 at 10.04.36Che sono i giorni che mancano al debutto dell’Aquilina nella scuola primaria. E non sono tanti. Soprattutto se in pratica non sai ancora una beneamata mazza di niente.

Già… perché non sappiamo ancora in che sezione è finita, con quali maestre (e qui, sinceramente… tanto non ne conosco nessuna, mi cambia ben poco), con che orario (alla fine è stata davvero presa al tempo pieno, oppure all’ultimo la spostano al modulo per ragioni organizzative? E già qui mi cambia un tot…) e  con che compagni della scuola dell’infanzia (e qui cambia all’Aquilina… la richiesta incrociata di restare in classe con la “sua” M.P. sarà stata esaudita?). Pare, forse, probabilmente che domani alle 12 metteranno fuori le classi definitive. Sperem.

Non sappiamo ancora nemmeno cosa le serva di preciso (e quando dico “preciso” lo dico davvero “precisamente”: in altre scuole so che hanno indicato pure marca e modello delle forbici…), visto che la riunione con dirigente e insegnanti è fissata per il 7 settembre alle 18, e in tale occasione dovremmo anche ricevere il listone ufficiale del materiale da procurarci.

Dai poi che un po’ di roba abbiamo già iniziato a prenderla (zaino, astuccio, grembiuli… insomma, quello che bene o male per forza ci vuole), già che la settimana dell’11/9 saremo anche impegnati in un lavoraccio che leverà tempo allo shopping: dobbiamo invertire due stanze di casa tra loro, il salotto e la camera dell’Aquilina.

In pratica le stiamo riportando alla loro destinazione originaria: finora ci avevano fatto comodo così (quando poi non si sapeva neanche “se” ci sarebbe stata un’Aquilina, avere il salotto un po’ più ampio sembrava più logico che tenere quella stanza praticamente inutilizzata), ma adesso è diventato più logico dare più spazio a lei che sta crescendo, sia per studiare in santa pace che per giocare in camera sua.

Non nascondo che è forte pure la speranza di tornare ad avere una parvenza di salotto, senza che sembri che tra la TV e il divano gli artificieri abbiano fatto brillare il sacco di Babbo Natale (perché al momento è lì che, per ragioni di spazio, sta la maggior parte dei giochi). Ora speriamo giusto di riuscire a spostare il divano (un tre posti blocco unico cui non si staccano manco i cuscini… O__O ;)…

Quindi, tutto in alto mare, per questo inizio di anno scolastico? No, dai, tutto no. Perché “quattordici” non è soltanto il titolo di questo post e i giorni che mancano all’inizio della scuola. “Quattordici” è anche qualcos’altro…

Ecco cosa è già pronto: i libri scolastici li abbiamo già in casa (grazie al fatto che sono identici per tutti le sezioni e tutti gli orari)! Un trauma, per me che nel giurassico 1984 in prima (e idem in seconda) elementare avevo IL libro di lettura (testo ministeriale, “Cominciamo”) e IL libro di matematica/logica (testo supplementare fatto comprare dalla maestra, “L’albero dei numeri”). Il sussidiario era una roba “da grandi”, ci avevi a che fare solo dalla terza (quando anche il libro di lettura subiva un’evoluzione e diventava “L’Orsa Maggiore”… e in classe nessuno conosceva ancora Ken il Guerriero, se no sai che figata sarebbe diventato, quel libro?).

Perché un trauma? Beh, perché quelli che vedete in foto sono i (tre) libri di testo dell’Aquilina per la prima elementare (ops, primaria…). E’ vero, presi singolarmente sono sottilini (e sono anche fatti bene, colorati e allegri). Ma sono 14 (quattordici) tra volumi, fascicoli e dispense. E’ molto probabile che siano soltanto paranoie mie (felicissima di fare mea culpa, se sarà così), ma io l’Aquilina a dover gestire 14 libri (più i quaderni) la vedo male… poi si porta a casa quello sbagliato, e per fare i compiti diventiamo deficienti.

Il mio primo incontro con la nostra biblioteca ambulante personale è andato così: a fine agosto, vado in centro per il solito scambio di libri in biblioteca comunale. Già che son lì, decido di provare a fermarmi in cartolibreria – poco distante – per vedere se è arrivato qualcosa (è vero, han detto che avrebbero avvisato loro… ma già che ci passo davanti, tanto vale). E infatti:

Cartolaia: “Due su tre li abbiamo ritirati proprio ieri pomeriggio dal distributore! Vuole che ci mettiamo la copertina colibrì sumisuraiperfigasuperindistruttibile? costa 1 euro e 30 a libro”
Io dico “Massì, conoscendo il soggetto… facciamo le cose per bene” (e penso “Tanto, 2 libri… 2 euro e 60”).
Cartolaia (tornando fuori dal retrobottega con un librino, una sorta di Bibbia-Bignami): “Metto la copertina anche a questo?”
Io dico: “Massì, visto che quelli di religione devono durare 3 anni” (e penso “Vabbè, 3 libri… 3 euro e 90”)

Cinque minuti e… *BRAAamm* (rumore di pila di libri copertinata e poggiata sul bancone)… 3 euro e 90? 9 euro e 10, un rene (per dovere di cronaca: copertine effettivamente perfette)! Ed erano solo “due” dei “tre” libri (il terzo ha poi richiesto l’investimento di altri 7 euro e 80 di copertine. E ci va pure di lusso che alle elementari i libri son gratis…)!! 😀

E niente: io avviso il Consorte, così non può dire che non lo sapeva. Io quando l’Aquilina compirà 13 anni scappo all’estero senza lasciare tracce (se vuol venire anche lui… 😉 ). Non ho il fegato di sapere quanti saranno i libri (attuali) per le superiori…

 

Il trasloco della Principessa

20170729_192616.jpgQuesta estate ha anche portato un cambiamento non da poco, in famiglia.

Premessa: la Ciccia è una gatta affettuosissima (e chiacchierona), ma un bel po’ permalosa. E’ sempre stata – purtroppo – il tipo di gatto che se deve farti sapere che qualcosa che non le va non te lo dice miagolando o lamentandosi (tipo gnolando davanti a una ciotola vuota o raspando davanti a una lettiera poco pulita), ma piuttosto pisciando da qualche parte (e continuando fino alla risoluzione del “problema”… ammesso che si riuscisse a capire quale fosse).

E questo mica da adesso che ha quasi 13 anni e uno potrebbe dire “sta invecchiando, non ci prende più”… da sempre, anche da prima che arrivasse Leda. Tant’è che in casa è da un pezzo che non abbiamo più tappeti. Da quando è arrivata anche l’Aquilina più o meno tutti i giorni qualche ricordino in giro lo lasciava. Tipo la cacca quasi quotidiana sul pavimento del bagno, o il bidet utilizzato per la pipì (nonostante due lettiere, utilizzate seppur condivise con la collega). Però quelli erano posti facilmente pulibili, e sinceramente quasi non ci facevo più caso.

Negli ultimi mesi però la cosa si era un po ‘ “aggravata”, anche se in maniera saltuaria: ha iniziato a bersagliare il nostro letto. Non ricordo esattamente il numero di episodi (la maggior parte si è risolta a lavatrici e bicarbonato), ma abbiamo dovuto buttare un cuscino in lattice (non lavabile) e anche i due piumoni (di quelli che si accoppiano e con cui fai tutto l’anno), cui a forza di lavaggi hanno ceduto le cuciture e ormai avevano perso la maggior parte delle piume dell’imbottitura. Ma anche qui, nonostante la spesa per ricomprare la biancheria danneggiata, in qualche modo si andava avanti.

Poi venerdì 30 giugno, mentre ero in casa con l’Aquilina, l’ha rifatta su uno dei miei cuscini (per fortuna quello lavabile in lavatrice). E sabato mattina, mentre facevamo le valigie per partire due giorni dopo per la montagna, l’ha rifatta in mezzo al letto sopra una borsa (vuota) che dovevamo portare con noi (con ancora tutta la biancheria del giorno prima stesa ad asciugare…)

Dovendo partire lunedì 3 luglio per star via quasi una settimana, non sapevamo come fare (cosa avremmo trovato, al ritorno? Una cosa è intervenire sul materasso immediatamente, una cosa è se la pipì resta lì anche solo mezza giornata… e, a parte chiedergli di passare per fare manutenzione alle gatte, non potevo certo chiedere a mio padre di impegnarsi anche a ripulirci il materasso ogni singolo giorno).

L’unica soluzione rapida che ci è venuta in mente per non ammattire (a parte le vacanze con l’angoscia, quante altre volte avremmo dovuto cambiare il letto da lì alla partenza?) è stata chiedere aiuto alla famiglia del Consorte: noi viviamo in condominio senza un giardino nostro, loro invece abitano in una casa quadrifamigliare, con giardino esclusivo di proprietà sia davanti casa che sul retro.

Fortunatamente, la Ciccia si è adattata bene fin da subito, anche se io ho costretto il Consorte a chiamare i suoi tutti i giorni (di solito è tanto se si sentono una volta, mentre è in ferie) per un saluto (… e per avere notizie della gatta. 😛 ) e al nostro ritorno dalla montagna sembrava stare meglio di quando non fosse stata da anni (temo da quando le abbiamo messo in casa Leda…): anche la bisnonna sembrava essersi affezionata (la Ciccia la segue per l’orto meglio di un cagnolino, e la bisnonna l’ha ribattezzata “Principessa“… titolo che la gatta ha subito accettato senza problemi: accorre prontamente così come ha sempre fatto con “Ciccia” o “Shunrei“).

Ne abbiamo parlato, e alla fine il Consorte ha provato a chiedere ai suoi se la sistemazione della micia poteva essere definitiva (ovviamente fermo restando che avremmo continuato a provvedere noi a pappa, lettiera, antipulci, veterinario…). Si aspettava come minimo un po’ di reticenza (più che comprensibile: alle 13 del sabato ti chiedo di tenermi la gatta, alle 15 te la sbologno, 10 giorni dopo ti chiedo di tenerla e basta… “Se avessi voluto un gatto me lo sarei preso da solo” sarebbe stata una risposta sensata e comprensibile).

E invece no… la risposta è stata “Va bene”.

20170729_192817.jpgInsomma, la Ciccia è là in “trasferta” da allora: ha a disposizione due giardini (essendo comunicanti, non disdegna nemmeno quello della vicina), un sacco di posti dove sonnecchiare/rifugiarsi, almeno un amico (Mimì, il gatto della vicina, che in poche settimane pare abbia digerito più della Leda in 8 anni) a farle compagnia. Ha espressamente richiesto e utilizza la lettiera solo per la pipì (per il resto pare che il prato della vicina sia molto più performante… ehm…), ha i suoi posti dove riposare e grattarsi, intrattiene chiunque abbia voglia di risponderle con le sue miagolate, ci tiene a fare almeno un sopralluogo quotidiano dentro casa e alla plebea ciotola dell’acqua preferisce quella corrente che goccia da un annaffiatoio. Può salutare il Consorte quando lui si ferma a pranzo nei giorni feriali, e un paio di weekend al mese cerchiamo di andarla a trovare tutti insieme.

L’Aquilina ha preso il cambiamento meglio di quanto temessi: ci è rimasta un po’ male subito, quando al momento di tornare a casa ha capito sul serio che la Ciccia non sarebbe venuta con noi. Dopo però ha semplicemente assimilato che ora lei è dai nonni, e che quando andiamo là può salutarla. Insomma, non la cerca (nel senso che non chiede ad nauseam “Quando torna la Ciccia?” e tu daccapo ogni volta a spiegare questo e quello).

Anche Leda mi ha sorpresa: ammetto di aver chiesto a mio padre, quando poteva, di andare a darle un occhio anche la mattina e non solo alla sera come eravamo d’accordo inizialmente: Leda non è mai stata sola in vita sua (prima con la famiglia d’origine, poi con noi o solo con la Ciccia le 5 volte che siamo andati in vacanza negli ultimi 8 anni), appiopparle 6 giorni di solitudine “a secco” mi inquietava un po’. Invece niente: semplicemente è diventata più coccolosa di prima. E’ sempre quel tipo di gatto che chiede e accetta coccole solo quando, come, dove e soprattutto per quanto tempo decide lei, ma ora te la ritrovi più spesso tra i piedi a fare le fusa in cerca di una carezza o un grattino.

Per farla breve: quella che l’ha vissuta peggio, con magone e quant’altro sono stata io… 😂😂

La Ciccia ha qualche problema solo con i coinquilini occasionali. L’altro giorno, ad esempio, miagolava disperata. Eppure, i croccantini li aveva avuti da poco,  il tonnino l’aveva mangiato a pranzo… che avrà? Dopo un po’ mio suocero esce a vedere.

La Ciccia, gnolando, lo porta fino alla ciotola dei croccantini. Croccantini che si stava pappando un riccio! 😂😂

Riccio che ha dovuto cacciar via mio suocero, perché la temibile felina di 8 Kg era terrorizzata dall’intruso (chi ha detto che il gatto è un predatore?).

E non è bastato allontanare l’invasore… da autentica “principessa“, la Ciccia ha continuato a lamentarsi e non si è degnata di mangiare finché la ciotola non è stata lavata e ri-riempita… 😀